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mercoledì 3 febbraio 2016

Era tutto scritto



Rien ne va plus: il mercato, anche stavolta, è chiuso.

Vivaddio, se è questo l'effetto sul campo: non fossero bastate le amichevoli estive che hanno scatenato le fumanti penne di chi aveva qualcosa da rinfacciare a Mancini, nella finestra di riparazione l'Inter si è messa anche a perdere le partite importanti.
Poco male, allora, ritornare a vivere l'Inter nel concreto piuttosto che nel probabile, nell'immediato piuttosto che nel futuribile, nella sfida piuttosto che nella fantasia: il mercato, mai come stavolta, ha creato pericolose distorsioni che non hanno mai avuto senso di esistere.
Basta ripercorrere cronologicamente questo mercato per capire che, in fondo, non poteva che finire così.


In principio era il "siamo a posto così": per tutto il mese di Dicembre il mercato, nell'ambiente, era visto come un'opportunità per aspettarsi offertone all'indirizzo dei gioielli che l'Inter aveva messo in vetrina fino a quel momento.
Troppo rischioso toccare i meccanismi di un ingranaggio che fin lì era parso straordinariamente efficace nella sua imperfezione, che anche se l'Inter non convince conta fare i risultati, che anche se all'Inter manca qualcosa per il terzo posto (chi parlava di Scudetto, a onor del vero, si stava arrogando una licenza poetica) per quest'anno può andar bene così.
In fondo in fondo, anche Mancini sembrava davvero pensarla così.
Nessuno avrebbe potuto pensare che il mercato arrivasse in un momento di reale necessità ma, si sa, quando la vetta la si vede troppo vicina prima del tempo è lecito e comprensibile che si rifiuti un'aiuto per arrivarci davvero più in alto degli altri.



Ma a Gennaio il mercato inizierà e, con esso, tutte le strategie per riparare ciò che non si era riusciti a completare nella sessione estiva.
Per esempio gli esuberi rimasti sul groppone, perchè mentre gli specialisti di calciomercato si affannano a mettere in piedi miriadi di nomi sospesi tra la suggestione e la possibilità, il mantra del mercato nerazzurro rimane sempre lo stesso: senza vendere, non si potrà assolutamente comprare neanche se si rendesse necessario.






Visto che dagli esuberi monetizzare è difficile, l'Inter tenta di unire l'utile per sé al dilettevole per Andrea Ranocchia che ha bisogno di giocare.
L'ex capitano ha 27 anni, la necessità di rilanciarsi e un'esperienza che volge al termine nel club nerazzurro oltre ad una mai sopita possibilità di restare nella stessa città cambiando sponda della barricata.
A questo punto i nomi in uscita sono già noti,ma l'Inter inizia a fare molta fatica nel ripetere gli stessi risultati di un mese prima.
Qualcuno si convince che invece sul mercato bisogna andarci eccome, ma non fa i conti con i vincoli che l'Inter ha e non può modificare: il verdetto che dopo Inter-Sassuolo viene espresso chiaramente dalla tifoseria è la necessità impellente di un regista.








Ma siamo sempre lì: non c'è possibilità di acquistare nulla se prima non si riuscirà a vendere qualcuno e i qualcuno che l'Inter può vendere non sono certo dei pezzi di artiglieria pesante né i pregiati gioielli che si sono guadagnati il posto in vetrina durante il momento favorevole.
La miriade di nomi che, complice il momento un po' così, iniziano ad affiorare da ogni dove restano espedienti narrativi racchiusi tra le pagine di siti e giornali che iniziano a schiacciare il piede sull'acceleratore.









Qualcosa inizia a prendere forma quando, a pochi giorni dalla partita con l'Atalanta, sbucano dal nulla i cinesi dello Jiangsu Suning con un'offerta impossibile da credere per Fredy Guarin, proprio lui: uno che per la tifoseria è ormai un invendibile destinato a chiudere una carriera con luci ed ombre in maglia nerazzurra.
Durante i giorni della trattativa per cui si parla di cifre proporzionalmente mostruose, qualcuno inizia a capire che con la regola dell'autofinanziamento e la necessità del mercato, l'incastro con Guarin in Cina diventa la classica manna dal cielo.





La trattativa però è lunga, incostante ed anomala: Guarin deve andare ma ogni giorno non è mai quello buono, ogni notte non è mai quella delle firme.
La settimana che va da Atalanta-Inter a Inter-Carpi diventa un rincorrersi di notizie, smentite, ordini e contrordini, conti alla rovescia e rovesciamento di indiscrezioni ma Fredy Guarin è ancora a Milano in attesa di capire in che modo perfezionare il suo trasferimento.
L'Inter sa che alla fine c'è una buonissima possibilità di cederlo ed aveva già iniziato a portarsi avanti lavorandosi ai fianchi un club con cui è radicata una sinergia di mercato utilissima per riuscire a tirare per la giacchetta operazioni di mercato da fare con la calcolatrice in mano.



Nel frattempo la squadra delude pareggiando la partita casalinga contro il Carpi e fa affiorare in tutta la sua nitidezza quella che ormai per la tifoseria è l'unica àncora di salvezza, cioè il mercato.
Gli uomini di Ausilio, che avevano già avanzato dei discorsi per portarsi a casa Soriano, sanno che a questo punto devono fare in fretta perchè il tempo inizia ad essere a sfavore.
Ma proprio nel post Inter-Carpi succede qualcosa.






Quella mai sopita voglia di Inter a trazione anteriore inizia a far pendere l'ago della bilancia verso l'attacco, un reparto il cui rafforzamento non era mai comunque stato escluso, ma con la cessione di Guarin imminente e i profili disponibili sul mercato e nelle società con cui si possono strappare condizioni favorevoli, impossibile aspettarsi regali.
Il momento impone una e una sola scelta: centrocampista o attaccante?
Mancini non ha dubbi e conferma le sue dichiarazioni alle televisioni, la priorità passa ad un uomo in grado di far svoltare il reparto offensivo.






Mentre si scatena il dibattito in rete, allo stadio, nei bar, la verità che resta è quella più scomoda: l'Inter può fare un solo innesto finanziandolo con il ricavato della cessione di Guarin, che nel frattempo ha trovato finalmente il suo posto allo Shanghai Shenhua, lasciando ai tifosi secondo cui servono più acquisti un bel cerino acceso.
Il resto è storia recente: l'Inter chiude per Eder, perde due partite importanti e lascia nei tifosi il dubbio che a quel bivio la strada scelta sia stata sciaguratamente errata.
L'Inter proverà negli ultimi giorni a fare qualcosa in più, ma è proprio quel "qualcosa in più" che le risorse a disposizione frenano inesorabilmente.

Restano le considerazioni che, se nell'ambito tecnico possono dare adito a miriadi di discussioni (io stesso avrei orientato la mia scelta sul centrocampista), sotto il profilo strettamente strategico non fanno una piega.
C'è chi accusa la Società di essere stata debole e manovrata dall'allenatore, ma qui bisogna mettersi d'accordo perché è opinione comune che quando la Società era senza Mancini, il problema principale riguardava i giocatori di profilo più alto della media che all'Inter non venivano.





Piero Ausilio, in un passaggio della conferenza stampa post-mercato, ha a mio avviso fatto centro evidenziando che in troppi hanno fatto finta di essersi dimenticati che l'Inter ha un contratto con la Uefa e che tale contratto è inderogabile.
Inutile pensare di fare le cose all'italiana: l'aggiramento delle regole in nome del "così fan tutti" è materia ad appannaggio esclusivo di chi del fairplay finanziario, per difficoltà oggettiva o per malafede di giudizio, non ci ha capito nulla.
Le regole si possono mettere in discussione, dibattere sul fatto che siano giuste o sbagliate, ma finché sono vigenti vanno rispettate e basta.
Con in piedi questo contratto che a vederlo così pare non lasciare una via d'uscita per investire sul mercato, l'Inter è riuscita a cambiare faccia alla squadra costruendola ad immagine e somiglianza di un allenatore scelto per ridare competitività ad un ambiente che lo ha accolto con il sorriso di chi usciva da quattro allenatori sbagliati in quattro anni e si ritrovava in casa di nuovo uno dei tecnici più vincenti della storia nerazzurra.

Il Settlement Agreement che sancisce gli inderogabili impegni dell'Inter con la Uefa fino alla stagione 2018/19


Essere riusciti a fare nuovamente lo slalom speciale tra gli spinosissimi paletti dell'accordo con la Uefa per accogliere le disposizioni dell'allenatore, significa sostanzialmente due verità ineluttabili:
- Società e allenatore guardano nella stessa direzione e remano dalla stessa parte, nonostante le dure prove a cui Ausilio e lo staff sono stati chiamati per creare una squadra sostenibile e competitiva nello stesso tempo.
- i risultati raggiunti sul mercato in entrata sono stati possibili attraverso il mercato in uscita, punto storicamente debole di una dirigenza che è passata dal ricavare 12 milioni da Maicon e Sneijder, due eroi del triplete, a ricavarne 25 da Hernanes e Guarin, due simboli di un'Inter che non ce l'ha fatta e che non verrà certo ricordata allo stesso modo.
Il dato che fa capire come il vento stia cambiando lo si trova proprio in questa sessione, dove l'Inter è riuscita a liberarsi di tutti gli esuberi che aveva in mente, ha fatto una inaspettata plusvalenza, si è liberata di ingaggi pesanti e là dove non è riuscita a ricavare denaro ha utilizzato i giocatori ceduti per ottenere le migliori condizioni possibili sull'affare in entrata.

I risultati conquistati a fatica lasciano lecitamente aperto il dibattito e la critica nei confronti di un allenatore che è chiamato ogni settimana a fare le scelte giuste e certamente qualcuna la ha toppata, ma il comportamento sul mercato della Società, in armonia con la visione di chi poi quella squadra la manda in campo, è davvero oggettivamente inattaccabile.
 C'è poco da leggere tra le righe, perché chi ha saputo leggere fin dall'inizio il mercato dell'Inter con le sue regole, le sue priorità, le sue gerarchie ed i suoi meccanismi sapeva fin dall'inizio cosa aspettarsi.

In fondo sì, era proprio tutto scritto.